Abbiamo discusso molto sul tema e sull’intervento della Direzione Artistica per questa edizione di WAM! Festival. Ne è nato un conflitto di idee, emozioni e sentimenti che abbiamo deciso di rispettare e di riportare qui. Da una parte, chi volge lo sguardo al buio, condizione per accedere ai recessi più intimi e segreti, e preferisce abbandonarsi a una lenta deriva. Dall’altra, chi vuole concentrarsi sulla piccola luce che si intravede in fondo al tunnel.
Per la decima edizione del festival WAM! Festival omaggiamo Leopardi. Continuiamo a porre questioni, domande, a sollecitare riflessioni, a evidenziare punti di vista anche molto lontani, a non cercare di uniformarci, a non sopire il senso critico.
IO
Non ci siamo ancora ripresi dagli effetti devastanti della pandemia in corso, intravediamo all’orizzonte una fievole luce di speranza e una nuova catastrofe umanitaria irrompe con forza nel nostro quotidiano, spalancando scenari dimenticati e surreali che speravamo appartenessero ad un passato ormai remoto.
TU
Se qualcosa qualcuno entra in crisi, significa che non andava più bene, non funzionava più, quel sistema di situazioni e di valori non poteva più essere. I problemi ci danno l’occasione per cambiare, rimodulare, discutere per le cose in cui crediamo, mettere luce nelle nostre differenze e somiglianze. La crisi è la transizione consapevole da uno stato della realtà ad un altro, inevitabilmente diverso. La crisi è una soglia e al tempo stesso trasformazione, che richiede radicale riconfigurazione dei paradigmi, dei punti di riferimento che regolano la nostra percezione del mondo.
IO
Abbiamo scelto di celebrare in questa decima edizione un artista che, con il suo pensiero e la sua poetica assolutamente unici e originali, meglio di chiunque altro sa riassumere il sentimento dei tempi che stiamo attraversando.
“Vent’anni senza Bene” non è solo l’omaggio ad un uomo di teatro ancora troppo poco compreso, è l’ineluttabile presa di coscienza che è ora di farla finita con le parole consolatorie e le speranze fittizie.
TU
Una rilettura di una “poesia notturna”, che si inabissa nelle profondità dell’anima, ci permette di viaggiare attraverso noi stessi. Prendere coscienza o almeno prenderne un po’. Il buio sarà la condizione per accedere ai recessi più intimi e segreti.
IO
Un senso di profonda impotenza ci sorprende, come se fosse tutto vano, come se ormai, dinanzi alla fine del nostro mondo, non ci resti che abbandonarci ad una lenta deriva.
Siamo la nave in mezzo alla tempesta che, ormai allo stremo, si lascia travolgere dalle onde impetuose in attesa dello schianto definitivo. Resistenza. Resilienza. Ripartenza. Tutto vano. Tutto inutile. Dinanzi all’inevitabile, non ci resta che arrenderci e fare naufragio.
TU
Dinanzi all’inevitabile, non ci resta che arrenderci e fare naufragio? Cosa fare? Cosa programmare? Come organizzare un festival in tempo di pandemia, guerra, scioglimento dei ghiacci, deforestazione. Sarà la fine del mondo? Sarà la fine del nostro mondo? E allora noi cosa portiamo quest’anno? Cosa decidiamo e scegliamo di sostenere?
Partecipazione, esperienze condivise, speranza, energia, ricerca, sostenibilità. Danzeremo desiderio di appartenenza e socialità, celebreremo la danza come rituale collettivo.
IO
Quando non vi è più nulla per cui valga la pena agire, l’unica via praticabile è quella dell’arte.
Non perché possa illuminare di senso ciò che non ce l’ha più (ammesso che prima lo avesse), al contrario, proprio perché possa far esplodere le contraddizioni, i controsensi e la fine delle illusioni di cui ci siamo sempre nutriti.
Danzeremo la solitudine a cui tutti siamo inesorabilmente chiamati. Rimarcheremo l’incolmabile distanza che esiste fra corpo e corpo, fra un essere e il suo simile.
TU
La distanza tra corpo e corpo non è incolmabile, è una danza, a volte si avvicina a volte si allontana a volte si sovrappone a volte scompare proprio. Continuiamo a danzare e sentire forte un senso di appartenenza, al genere umano alla terra ai miei simili e ai miei dissimili e credo che sia l’unica via per stare a questo mondo.
Siamo soli ma anche tanto insieme agli altri ed è per questo che una malattia contagiosa, una guerra così vicino a noi, un albero in meno, una violenza in più ci fanno così male.
IO
Non auspicheremo nessuna consolazione possibile, pur anche minima.
TU
Non vogliamo consolazioni, vogliamo azioni e portare le persone a fare e/o vedere uno spettacolo è un’azione.
IO
Con un senso di abisso che ci ingoia, vogliamo presentare questa decima edizione alla città e al pubblico di Faenza. Con quel nodo di angoscia soffocante che ci assale quando osiamo pensare che è l’ultima volta che ripetiamo un gesto, una frase, uno sguardo, un incontro.
Senza concedere nulla, ma proprio nulla, al pensiero di cosa sarà dopo. Qui ed ora. Senza via di fuga né di salvezza. A bocca aperta, dinanzi al vuoto che si spalanca e ci inghiotte.
TU
Con l’euforia della possibilità, con la potenza dell’azione del qui ed ora, valorizzandone fino in fondo l’importanza, per viverne pienamente l’esperienza.
Ad occhi aperti: la meraviglia, passione drammatica per eccellenza: Sarà l’agente della trasformazione e una chiave per vincere la paura e disporsi a un diverso sentire.